sabato 3 ottobre 2015

Alex Fedele - FILE 003 - Cena a base di intuizioni

Passammo circa un’oretta a sistemare le nostre cose. Andrea era stato leggermente aiutato da Bianca e aveva cominciato a socializzare con lei.
Stavamo mettendo a posto le ultime cose, quando la voce della ragazza risuonò nell’aria, piena di un assordante silenzio.
«La cena è pronta! Tutti a tavola!» sentimmo dire dal piano di sotto.
Flavio arrivò con qualche minuto di ritardo. Una volta al suo posto sfogliò un vecchio catalogo di un mobilificio appoggiato proprio al centro della tavola. Approfittai di quel suo momento di distrazione per osservare Bianca e notai come in cucina si trovasse perfettamente a suo agio, tanto da muoversi con una tale velocità e con una tale destrezza da sembrare una donna consumata da anni e anni di preparazione di succulenti intingoli prelibati.
In quel momento mi domandai dove fosse la signora Moggelli, ma non osai chiederlo. Forse aveva avuto dei problemi di lavoro, o forse era in viaggio, chissà. Dopotutto, ero in quella casa da meno di due ore e fare troppe domande mi avrebbe fatto apparire come maleducato e invadente. La verità è che però la curiosità mi mangiava vivo.

«Allora Alex, quando inizierai ad indagare con mio padre? A scovare i criminali?» chiese Bianca sorridendo.
«Indagare … tsk!» disse con diffidenza Flavio. Ingoiò un boccone e continuò: «Mi darà solo una mano e imparerà le basi del mestiere, nulla più. Le indagini non sono certo un gioco da ragazzini».
«Lo credo anch’io» intervenni.
«Quindi la mia domanda è: Cosa sei venuto a fare qui?».
«Papà!» lo interruppe Bianca con un rimprovero.
«Credevo di aver già risposto» affermai disincantato. «Voglio diventare un detective, il migliore».
«Il migliore? Ma per favore». Bevve un sorso di birra e mi guardò con sufficienza. «Però sei fortunato. Hai davvero di fronte il meglio che si possa trovare».
Bianca fece una smorfia ed emise un gemito che per un attimo somigliò ad un risolino ironico.
«Sai, c’è un piccolo test che facevo alle nuove reclute quando ero in polizia» mi disse agitando vorticosamente il coltello con cui tagliava il filetto. «Posso farlo anche a te?» e assunse un ghigno che non mi piacque affatto.
Lo guardai intensamente negli occhi, poi gli sorrisi assumendo lo stesso ghigno. «Accetto. Di cosa si tratta?».


Bianca si illuminò in volto, mantenendo comunque un’espressione dubbiosa. Conosceva quel ragazzo da poche ore, ma vedeva in lui qualcosa di speciale. Forse era solo la sua impressione, ma Alex era molto diverso dagli ultimi ragazzi con i quali era uscita, tizi esteticamente avvenenti, ma con un cervello e una visione del mondo ridotta. Alex sembrava appartenere ad un’altra categoria di persone; c’era qualcosa che l’attraeva a pelle, forse il suo modo di fare, la sua determinazione, l’essere stato sfrontato fin da subito accettando quella sfida che lei conosceva molto bene e che aveva visto migliaia di volte mietere vittime spesso ipnotizzate dallo sguardo magnetico e dai modi rozzi di suo padre.


«Ecco di cosa si tratta» disse dopo essersi ingozzato di purè di patate. «In pratica dovresti, se hai davvero talento come sostengono, indovinare almeno tre cose su di noi».
«In che senso, scusa?».
«Indovinare tre cose di noi» allargò le braccia. «Guardandoci, chiaro? Ci conosci da circa due ore, dunque hai avuto modo di osservarci. Prendi appunti: la prima regola per un investigatore di successo è osservare in silenzio. Tu ne hai avuto tutto il tempo, dunque … stupiscimi!».
Lo guardai fisso e per un momento mi parve un marziano, o roba simile.
«Comincia pure con Bianca, se vuoi. È un buon esercizio per valutare le tue capacità deduttive e d’osservazione».
La ragazza mi guardò incuriosita e si portò una mano al mento scimmiottando chissà quale detective televisivo.
«Vediamo,» sussurrai squadrandola. Lanciai un’occhiata a mio fratello, che si espresse in un lungo e profondo sorriso. Poi il mio sguardo si posò sulla fioca luce dei lampioni che batteva sui vetri della finestra.
«Tu frequenti un istituto tecnico commerciale, non hai particolari interessi come la politica o il calcio, ma pratichi comunque uno sport, in quanto hai un fisico slanciato e atletico. Forse la pallavolo, peraltro in maniera costante. Inoltre,» e annusai l’aria «posso dire che ti sei tolta da poco lo smalto trasparente per le unghie»
Bianca rimase stupefatta e un bagliore di incredulità le balenò negli occhi.
«C - come hai fatto?» mi chiese spaventata,
Posai lo sguardo su di lei. «Prima ho visto che dal tuo zaino sporgeva un registro mastrino. Il registro mastrino è un registro della contabilità in cui sono riuniti tutti i conti, detti appunto mastrini, che compongono un dato sistema contabile. Considerando che, data l’età, non puoi essere certo una professionista, direi che frequenti quel genere di istituto nel quale se ne fa largo uso, perciò un tecnico commerciale, per l’appunto. Inoltre, prima in televisione il telegiornale ha mandato in onda un servizio sul calcio e tu hai cambiato immediatamente canale voltandoti spalle alla tv. Stessa cosa hai fatto quando hanno parlato di politica nazionale ed estera su un altro canale. I tuoi polsi, inoltre, hanno dei piccoli ematomi paralleli. Quel genere di lividi sorgono solo quando si gioca a pallavolo e si ripete per tante volte la manovra del bagher, per la cui esecuzione è necessario mettere le braccia tese davanti a sé e colpire la palla con la parte interna del braccio vicina ai polsi. Per finire, nell’aria si sente vagamente un odore forte. Potrebbe essere acetone» dissi prendendo il mio bicchiere. «Ho sbagliato qualcosa?» le domandai sorridendole.
«Ma … è incredibile! Sarai di certo di grande aiuto a mio padre!».
«Bah,» la interruppe Flavio. «Forse ha solo avuto fortuna. Forse vali meno di zero, non credi?» mi guardò con aria di sfida «Perché non ci provi con me? Ho tanta di quella esperienza che riesco a non far trasparire nulla ed è praticamente impossibile che tu possa …»
 «Sei stato dal barbiere non più di tre giorni fa» iniziai guardandolo con occhi inespressivi. «Curi i dettagli in maniera maniacale e ami indossare orologi diversi tutti i giorni. Probabilmente ne hai una vasta collezione in casa. Per caso ti sei tagliato, ultimamente? Forse con dei fogli di carta del tuo ufficio … ».
Flavio assunse uno sguardo stupito e le sua fronte si corrucciò visibilmente. Il suo viso, adesso, appariva come un enorme punto di domanda.


Chi era quel ragazzo? Come aveva fatto ad indovinare cose così poco evidenti? Non aveva avuto alcun indizio.
«Forse ha parlato con Bianca» pensò, ma poi si distolse subito: non poteva essere possibile. I due erano stati in contatto solo al momento dell’arrivo del ragazzo e sua figlia non avrebbe mai svelato al ragazzo il suo test. La conosceva troppo bene, non avrebbe mai tradito suo padre.


«Da cosa lo deduci?» mi domandò con calma olimpica.
«Oh, è semplice. Sulla parte posteriore del collo, vicino alla nuca, non è presente peluria. Inoltre si nota come sia stato passato il rasoio elettrico da poco e come il taglio sia ancora perfettamente regolare. Quindi devi esserti recato dal tuo barbiere di fiducia poco tempo fa.  Per il discorso degli orologi» dissi spingendomi all’indietro con la sedia «è stato ancora più semplice. Sul braccio sinistro, all’altezza del polso, hai l’orologio scostato. Si vedono dei segni di cinturino, ma se si guarda attentamente si nota che ci sono altri segni simili, ma dallo spessore e dalle fantasie diverse. Devi avere una collezione di orologi da qualche parte e li indossi a rotazione. Inoltre qualche ora fa, quando abbiamo parlato, le tue mani erano perfettamente curate, mentre ora hai un graffio sull’indice sinistro. Non essendo tu mancino, avendo visto che tipo di lavoro stavi facendo e considerando l’entità e lo spessore del taglio» mi sporsi in avanti «possiamo dedurre che nel prendere una delle tue pratiche hai fatto inavvertitamente scivolare l’indice sulla carta, provocandoti un piccolo taglietto verticale»
Flavio si guardò l’indice, poi fece un risolino ad occhi bassi e farfugliò: «Niente male. Davvero niente male».
Sorrisi beffardo e ripensai a quando, da bambino, facevo la stessa identica cosa con gli amici dei miei genitori. Lo consideravo un gioco interessante, quello di fingermi un mago e cercare di scoprire quanti più particolari possibili riguardo gli sconosciuti che incontravo con mamma e papà. Un mio vecchio compagno di scuola superiore, presentandomi ad alcuni suoi amici, una volta li avvisò: «Occhio, solo guardandovi vi dice tutta la vostra vita». La compagnia mi accolse con una certa diffidenza e molti evitavano addirittura il mio sguardo immaginando – probabilmente – che fossi una sorta di mentalist o quant’altro.
Ritornammo a mangiare. La cena si susseguì in chiacchiere veloci e piatti prelibati.
«Ho visto che hai portato parecchi libri gialli. Ti piacciono così tanto?» mi domandò Bianca.
«Mio fratello è una noia, con quei libri» rispose Andrea timidamente. «A volte legge così intensamente che si dimentica persino di mangiare o di dormire».
«Davvero? E qual è il tuo autore preferito? Di quel genere, intendo» mi chiese Flavio.
«Be’, naturalmente Arthur Conan Doyle. Il suo Sherlock Holmes era perfetto, un personaggio senza paragoni, un uomo incredibile dotato di un’intelligenza brillante» affermai.
«Be’, anch’io ho letto talvolta qualche giallo» rispose Bianca.
«Davvero?» domandammo all’unisono io e Flavio. La cosa buffa è che entrambi facemmo la stessa, identica espressione stupita e Bianca ci guardò perplessa.
«Certo papà, non mi hai mai visto?».
«Mah, è una vita che in quella libreria» disse indicando il salotto «ci sono capolavori di Allan Poe e della Christie e non li hai mai nemmeno sfogliati. Quando li hai letti? Di notte?».
Bianca arrossì.
«Ma … che cosa dici? Ogni tanto ho letto qualcosa e trovo siano interessanti! L’unico problema è che sono tremendamente lunghi e mi stanco prima che il detective sveli l’assassino».
«Ma questo è un grosso errore» le dissi.
«Uh?».
«Vedi, i gialli sono belli proprio perché assumono una certa lunghezza. Il percorso che porta alla risoluzione di un caso, gli indizi seminati dal colpevole, le incredibili deduzioni del detective di turno … non senti l’adrenalina?!» le domandai estasiato.
Mi guardò completamente stranita, poi poco convinta disse: «Sì, come no …».

Il resto della cena fu un vero e proprio interrogatorio nel quale io, Flavio e Bianca sembravamo rispettivamente colpevole, poliziotto cattivo e poliziotto buono. Ogni domanda mi era rivolta dall’uomo con un tono davvero, davvero aggressivo. Mi domandò della scuola e gli risposi che avevo appena completato gli studi frequentando lo stesso tipo di istituto di sua figlia e che in caso di fallimento come detective avrei proseguito il percorso di studi intrapreso iscrivendomi ad Economia.

In salotto, per fortuna, prestarono maggiore attenzione ad Andrea. Era incredibile come Bianca si mostrasse amabile nei confronti di mio fratello nonostante lo conoscesse da poco e nonostante lui le tenesse costantemente il muso. Ed era ancora più incredibile l’atteggiamento di Flavio,
Il detective si mostrava scorbutico, stoico e battagliero con me e con sua figlia, ma con Andrea si ammorbidiva e diventava un compagno di giochi, quasi tentasse di trasformarsi in un suo pari.
«Quindi tu fai scienze investigative, o meglio, ti sei solamente iscritto lì. Hai fratelli, sorelle, oltre a Andrea?» chiese all’improvviso.
«Sì, un fratello di ventuno anni».
«E di cosa si occupa?» mi domandò armeggiando con un pastello a cera azzurro.
«Studia anche lui, ma sta negli Stati Uniti».
«Ma è magnifico!» esclamò Bianca. «Che facoltà?».
Interrogatorio, ciak due.
«Ingegneria elettronica».
«Uao! Deve essere roba abbastanza … impegnativa» affermò Flavio.
«Sì, ma lui è molto bravo. Il suo hobby è quello di ottimizzare cose di tutti i giorni, ad esempio … vedete questo orologio?» dissi loro mostrando loro un affare interamente in acciaio con delle cromature bianche e nere ed un quadrante piuttosto grande. «Mio fratello l’ha smontato a pezzi così piccoli che mi ero rassegnato all’idea di perderlo per sempre» continuai sorridendo.
«E invece l’ha aggiustato?».
«Bianca, ora è una torcia, ha installato  il software di Google Maps all’interno, quindi funge da navigatore satellitare e in più anche da comunicatore».
«Da comunicatore?».
«Sì, funziona come un cercapersone, per intenderci. Ha una piccola scheda di memoria e una rubrica. Puoi selezionare la modalità on-touch e così il quadrante diventa un touch screen con tanto di menù. Basta scegliere il numero corrispondente alla persona e il gioco è fatto».
«Davvero fantastico!» esclamò Bianca. «Sembri il protagonista di un film!».
«E quale?» domandò ironicamente Flavio. «Guerre stellari?!».
Non faceva ridere. Per niente.

Verso le undici decidemmo di andare a dormire. Ci salutammo con un «buonanotte» sincero e ci chiudemmo nelle nostre stanze. Quella notte Andrea insistette per voler dormire con me. Bianca sorrise ed io fui costretto ad assecondare mio fratello.
Non dormii affatto quella notte. Pensavo alla cena, a mia madre in Giappone e a mio fratello negli Stati Uniti. Pensavo anche a mio padre in cielo.


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